27/03/2015

playFestival 1.0
venerdì 27 marzo ore 22.00
ingresso 5 €
di e con Flavia Germana de Lipsis e Annalisa Lori
Fullframe

Ci sono delle storie che non si stancano di parlarci e che vanno raccontate. Ci sono storie che accadono in ogni epoca e in ogni latitudine e che ci parlano in modo diretto ed inequivocabile, tanto che non è possibile sottrarvisi. Bisogna schierarsi. Questa è una di quelle storie: la conosciamo tutti e tutti sembriamo sapere ogni volta da che parte stare.
Lo “Stabat Mater” di Antonio Tarantino, premio Riccione per il Teatro 1993, monologo adattato a dialogo, descrive la parabola tragicomica di Maria, una stracciarola, ignorante e chiassosa che aspetta di avere notizie o di poter incontrare quel “cristone di suo figlio” del quale si sa poco o nulla dal giorno del probabile arresto per vicende terroristiche non meglio specificate. In questa attesa la donna snocciola nomi, cognomi e personalità di tutti coloro che dovrebbero essere presenti con lei in quel momento e non lo sono: tra loro ci sono il padre del ragazzo, le sue insegnanti, la sua fidanzata di nome Maddalena, il prete del catechismo, il commissario di polizia Ponzio che lo dovrebbe avere in custodia, il giudice Caraffa che potrebbe autorizzare un colloquio col presunto detenuto, tutte persone in carne ed ossa o fantasmi di istituzioni che dovrebbero fornire soluzioni o spiegazioni, eppure non lo fanno. Si instaura così un dialogo a più livelli in cui due voci di donna, ossia due emisferi dello stesso carattere, si fanno eco e si passano il testimone in un’iperbole spiazzante e senza mezze misure che attraversa tipologie sociali e dialettali differenti: botta e risposta tra chi c’è e chi non c’è; dialogo assordante tra una Maria che presagisce il finale, dando nome e cognome al futuro e l’altra Maria che non lo vuole vedere e si ostina a prendere a pugni il presente. Il risultato è una litania blasfema, parossistica, interiore e frontale al contempo, iperbolica, un salmo areligioso in cui il testo originario viene tagliato, ricucito e direzionato, secondo una partitura temporale, verbale, gestuale che incastona a tutto tondo due voci configgenti e complementari della stessa Madonna laica e viscerale. Nessuno “alla fine dei giochi” verrà a rispondere alle domande di Maria mentre quel “Cristo di suo figlio” resterà un fantasma, o probabilmente lo è già. Non c’è nessuna Sacra Famiglia di cui aspettare la resurrezione perché a certe latitudini umane si sceglie sempre da sé di che vita morire.