28/05/2024 - 29/05/2024 Teatro

martedì 28 e mercoledì 29 maggio ore 21

Da un travagliato incontro con “Il libro della giungla” di Rudyard Kipling”

di e con Leonardo Bianchi e Gian Maria Labanchi
e con Annamaria Ceccarelli Marco Pulieri
musiche Gian Maria Labanchi Marco Pulieri
comunicazione Giulia Tremolada
grafica Alessandro Bianchi

Elliot produzioni

Etimologicamente politica contiene il termine pòlis, che nella Grecia antica era un piccolo modello di
società, indipendente e autonoma, dove la partecipazione attiva e continua del cittadino alla vita politica
era al primo posto, e dove principio fondante era l’isonomia ovvero l’uguaglianza dei cittadini davanti la
legge. Questa uguaglianza sociale viene meno nei confronti dei protagonisti del nostro racconto. ‘How fear came’ infatti rilegge il libro della giungla di Rudyard Kipling, sostituendo la parola ‘giungla’ con ‘periferia’, e chi la abita è accomunato dal non riconoscersi più in una società che li ha messi ai margini. Questo rifiuto comune di appartenere alla città di provenienza li ha portati a chiudersi in un altro spazio, oltre il fiume, lontano dalla città, in una conformazione sociale autodefinitasi ‘Clan’; un quartiere periferico e dimenticato che accoglie tutti gli “animali”, coloro che hanno un conto in sospeso con la paura di appartenere alla società comune. Vige un’unica regola nel Clan: il rispetto dell’altro e il limite individuale.
L’equilibrio di questa comunità viene rotto dall’arrivo di un cucciolo d’uomo abbandonato. L’arrivo del
bambino nel Clan costringerà tutti, nessuno escluso, a fare i conti con sé stessi e con ciò che li ha resi
“animali”. . I personaggi sono tutti soggetti allontanati, scappati o esiliati perché rappresentano ognuno a
suo modo, un lato oscuro della società: Bagheera, detta Pantera, è una prostituta; Baloo, detto Orso, un
maestro d’asilo accusato di pedofilia; Raksha, detta Diavola, è una madre a cui hanno tolto la patria
podestà; Akela, detto Lupo, è un vecchio politico malato di Alzheimer. Shere Khan la tigre, invece, è una
parte di ognuno di loro, rappresenta le loro paure e i loro ricordi più dolorosi, ciò che li ha costretti ad
allontanarsi dalla città e a rifugiarsi nel clan della giungla. Il racconto si articola sulle storie dei singoli
personaggi: chi erano prima di trovarsi tutti insieme nel Clan? Chi sono oggi? Queste persone non guardano più oltre il fiume. Metaforicamente è la resa degli individui di fronte a un’ideale di futuro; loro sanno di rimanere lì fino alla fine dei loro giorni, le ambizioni sono azzerate e prima dell’arrivo del bambino non nutrono più nessun segno di speranza perché oltre ad essersi allontanati, queste donne e questi uomini sono stati anche dimenticati. Ogni protagonista, di fronte all’arrivo dell’innocenza, si denuda nuovamente di fronte al proprio passato: Mowgli lascerà almeno a qualcuno del Clan, la possibilità di rivolgere di nuovo gli occhi al di là del fiume e dove ormai i ponti sono stati abbattuti, l’ingegno e la curiosità di un uomo senza precedenti, saranno nutrimento per ritrovare la forza di ricostruirli e percorrerli nuovamente.

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