
giovedì 10 luglio ore 21
spettacolo vincitore bando SPACCIAMO CULTURE interdette
di Antonio Coccia
regia Antonio Coccia
con Carlo Celotti, Antonio Coccia
light designer Sandro Pulizzotto
luci e suoni Francesco Lascialfari
Chille de la Balanza
Melina, giovane donna trans. Poco lontano, Carmine, giovane uomo. Entrambi seduti si manifestano l’ un l’ altro attraverso il proprio nome. Accompagnati da un preludio musicale che ne suggerisce l’appartenenza e subito catapulta in un recitativo musicale. Attraverso il canto, la melodia e la parola viva, i due rievocano i ricordi di un passato che li ha visti insieme, fianco a fianco. Ma ambigua è l’entità del loro rapporto, piena di conflitti, rimorsi, vergogna. Il loro è un inno alla vita, all’esigenza di essere un qualcosa all’interno del
mondo che vivono. Ma uno non può se l’altro vi è. Vita e morte, canto e silenzio. L’esigenza di rinascere, di ritornare sotto una forma naturale, il canto della vita che ciclizzata, non tramonta come una condanna ad essere e non essere. E ritornano uomo e donna, ibridi, bambino e bambina, Melina e Carmine, Carmine e Melina, sempre.
Note dell’autore (e di regia)
Questo testo nasce da un episodio di transfobia in un ospedale napoletano. Mi sono chiesto quanto possa far male pronunciare il proprio nome di battesimo come una vera e propria resa, come una sconfitta, in maniera sommessa e con la testa bassa. Quanto sia tremendo sentirsi vivo in un guscio che vive asincronamente con i colori che ti governano dentro. E mi sono venuti a prendere questi due personaggi, Carmine e Melina. Due povere creature condannate a subire la presenza l’uno dell’altra, che attraverso canti e melodie napoletane e non, provano a scoprirsi, a chiarirsi, unirsi. E quando il tutto sembra averli
congiunti come quando erano bambini ecco che l’incomunicabilità, sotto forma di aria che non lascia vibrare più le corde vocali, che blocca il fiato, che strozza, si fa spazio la morte. Se Melina deve vivere, Carmine deve morire e viceversa. Ma il canto, renderà ciclica la loro esistenza. E la loro dolce condanna sarà quella di ritornare al punto di scissione, dividersi, nello specchio di uno, il riflesso dell’altra. Nel canto di una, la coda vocale dell’altro. Morire per poi risorgere, sempre.
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