04/11/2016 - 05/11/2016 Teatro

venerdì 4 e sabato 5 novembre ore 21 | teatro
Centrale Fies
SORRY, BOYS
Dialoghi su un patto segreto per 12 teste mozze
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione teste mozze Paola Villani
assistenza alla regia Marco Rogante
disegno luci Claudio “Poldo” Parrino
disegno del suono Alessandro Sdrigotti
animazioni grafiche Andrea Pizzalis
costume di scena Andrea Ravieli
co-produzione Centrale Fies
con il contributo finanziario di Provincia Autonoma di Trento, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
con il sostegno di Operaestate Festival, Centro Servizi Culturali Santa Chiara, Comune di San Vito al Tagliamento Assessorato ai beni e alle attività culturali, Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia
distribuzione Laura Marinelli
Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory
 si segnala la presenza di riferimenti sessuali espliciti nel linguaggio
prima romana

Marta Cuscunà torna al Teatro del Lido con il suo ultimo lavoro: Sorry, boys. Terza tappa del progetto sulle Resistenze femminili. Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti negli Stati Uniti.


Marta Cuscunà torna al Teatro del Lido di Ostia con il suo ultimo lavoro: Sorry, boys. Terza tappa del progetto sulle Resistenze femminili. Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti a Gloucester in Massachusetts.
Nel 2008, 18 ragazze di una scuola superiore americana, tutte under 16, rimangono incinte contemporaneamente. E sembra che non sia il frutto di una strana coincidenza ma di un patto segreto di maternità per allevare insieme i bambini in una specie di comune femminile. Dove può mettere radici l’idea di un patto così sconvolgente? Qual è il contesto sociale, la cellula-ospite, in cui questo progetto virale di maternità ha potuto attecchire, prendere il potere e riprodursi? E mentre le ragazze si uniscono e progettano una comunità nuova, i ragazzi dove sono, cosa pensano? Sulla scena, due schiere di teste mozze. Da una parte gli adulti. Dall’altra i giovani maschi, i padri adolescenti. Appesi come trofei di caccia, inchiodati con le spalle al muro da una vicenda che li ha trovati impreparati.

La storia e le fonti
È iniziata come un pettegolezzo. Alla scuola superiore di Gloucester c’erano 18 ragazze incinte – un numero 4 volte sopra la media – e non per tutte sembrava essere stato un incidente. La storia, poi, è rimbalza in città: alcune delle ragazze avrebbero pianificato insieme la loro gravidanza, come parte di un patto segreto, per allevare i bambini in una specie di comune femminile. Scoppia la tempesta mediatica e giornalisti da ogni dove invadono la cittadina nel tentativo di trovare una spiegazione per un accordo così sconvolgente. Nel documentario “The Gloucester 18” una delle ragazze confessa di aver voluto creare un piccolo mondo nuovo e una nuova famiglia tutta sua, dopo aver assistito a un terribile femminicidio. A Gloucester infatti non passava giorno senza che il dipartimento di polizia ricevesse una segnalazione di violenza maschile in famiglia. Il documentario “Breaking our silence” racconta come questa situazione spinse 500 uomini a organizzare una marcia nelle strade della cittadina per sensibilizzare la comunità al problema. ‘Uomini contro la violenza’ che sentono il bisogno di mobilitarsi in prima persona, consapevoli del fatto che la violenza maschile è un problema delle donne ma che soltanto gli uomini possono veramente risolverlo, cambiando la cultura maschile dominante che continua a causare queste tragedie.

Resistenze Femminili
“L’idea del progetto sulle Resistenze femminili è nata dopo aver letto l’inchiesta “Il femminismo, che roba è? della semiologa Giovanna Cosenza e del suo team di studenti. L’inchiesta ruota intorno a un quesito di cruciale importanza: se è vero, come dimostrano i dati economici pubblicati da Eurostat e World Economic Forum, che in Italia le donne sono subalterne agli uomini (in quanto lavorano meno, guadagnano meno e sono meno rappresentate), perché non si ribellano come fecero le femministe? Il team di Studenti&Reporter ha pensato di chiederlo ai giovani, ponendo a ragazzi e ragazze dell’ateneo bolognese, una semplice domanda: se ti dico femminismo o femminista, cosa ti viene in mente? E li hanno lasciati parlare. Il primo dato che emerge è che, per la maggior parte degli intervistati, il femminismo è roba vecchia che ormai non ha più ragione di esistere. Mi sono domandata come sia possibile, visto che se si sposta il tema delle differenze di genere sul piano economico, i dati dicono che il problema c’è ed è pure piuttosto serio. Da cosa deriva questa percezione sfalsata della realtà? Forse da un malinteso. Forse molti, in primis le ragazze, riducono le rivendicazioni del femminismo alla sfera sessuale. E se è vero che oggi le donne sono più libere che in passato di gestire in modo autonomo la propria vita sentimentale e intima, di decidere quante e quali persone accogliere nella propria camera da letto, di vestirsi e svestirsi, di essere sessualmente disinibite; questo non significa automaticamente che le donne oggi non siano più vittime della discriminazione di genere. Anzi. Anche per questo mi è sembrato di fondamentale importanza smantellare i pregiudizi e gli stereotipi che i giovani di oggi hanno riguardo al femminismo e alle femministe, raccontando esempi positivi di donne che hanno lottato per riscattare la condizione femminile.”
Marta Cuscunà

Marta Cuscunà
Studia a Prima del Teatro: Scuola Europea per l’Arte dell’Attore. È attrice in “Merma Neverdies”, spettacolo con pupazzi di Joan Miró e Zoé, inocencia criminal, diretti da Joan Baixas, Teatro de la Claca (Barcellona). Nel 2009 vince il Premio Scenario Ustica con “È bello vivere liberi!” e nel 2012 la menzione speciale Premio Eleonora Duse per “La semplicità ingannata”. Nel 2016 debutta con “Sorry, boys”. Terzo capitolo della trilogia sulle Resistenze femminili. Dal 2009 fa parte di Fies Factory, un progetto di Centrale Fies.

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