07/11/2015

nell’ambito di “ASSOCIAZIONI IN COMUNE” progetto proposto dal Municipio V

ore 21.00

ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria allo 06.0608

LA FABBRICA/CrAnPi

LA TRILOGIA DELL’ATTESA | SECONDO CAPITOLO

un’idea di Fabiana Iacozzilli e Linda Dalisi con il contributo artistico di Matteo Latino
con Simone Barraco, Ramona Nardò, Francesco Zecca
costumi Cecili Blixt
disegno luci Davood Kheradmand
regista assistente G. Parlanti
trucco Erika Turella
regia Fabiana Iacozzilli

produzione La Fabbrica dell’Attore –Teatro Vascello in collaborazione con Lafabbrica. Realizzato con il sostegno di Ex Lavanderia, Sycamore T-Company.

Premio Teatri Abitati 2009, Finalista Premio Scenario 2009, Finalista Argot Off 2012

Tre piccole sedie al centro della scena. Tre linee che dalle sedute portano a tre attaccapanni. Sugli attaccapanni tre cartelle di scuola. Seduti sulle sedie troviamo tre bambini decrepiti che attendono che la mamma li venga a prendere. La attendono con tutta la loro forza, con la speranza e l’innocenza di bambini sicuri che non potranno mai essere abbandonati da colei che li ama sopra ogni cosa. Tre fratelli che attendono da una vita. È in ritardo? Li ha messi in punizione? O forse più semplicemente li ha dimenticati? Così come si dimentica un pacco, come si dimentica qualcosa in frigo che poi inizia a puzzare, come si dimentica una persona morta che abbiamo tanto amato… come si dimentica tutto. Poche certezze per i vecchi bambini: non si devono allontanare, non devono parlare con gli sconosciuti, non devono accettare caramelle da nessuno, non devono fare un passo in avanti, perché davanti c’è il vuoto, l’ignoto, la paura di perdersi e la solitudine, davanti c’è il futuro che li attende. Tre percorsi che diventano metafora della condizione umana. La loro vita piena di speranza si riduce ad una linea che percorrono solo per andare indietro, per andare alla cartella. Guardano il mondo credendo di poterlo possedere, ma avendone una paura più grande di loro. Una paura che li spingerà ad un salto nel vuoto, quello spazio che loro non hanno il coraggio di “scoprire”.