28/12/2013 - 29/12/2013

sabato 28 dicembre ore 21,00
domenica 29 dicembre ore 18,00

liberamente ispirato a La distanza della luna di Italo Calvino

regia di Francesco Prudente, Dario Vandelli
drammaturgia | Francesco Prudente Alice Fratarcangeli, Dario Vandelli

 “La distanza della luna” è la novella più surrealista tra quelle contenute nella raccolta “Le Cosmicomiche” di Italo Calvino, perché trae spunto dalla fisica gravitazionale per lasciare via libera ad una fantasia di tipo onirico.
È la leggenda di un popolo lontanissimo e del suo rapporto con la luna che, in tempi remoti, si avvicinava talmente tanto alla terra da sembrare che si bagnasse in mare. In notti chiare come il giorno, ma di una luce color burro, quando la luna piena rotolava come un ombrello portato dal vento al largo degli scogli di zinco, una barca veniva condotta proprio sotto il satellite e da essa veniva innalzata una scala. È arrampicandosi su quei gradini che gli uomini iniziavano la scalata per ritrovarsi a testa in giù sul suolo lunare, a raccogliere la sostanza che, fermentando, dava origine ad un prezioso latte: esso costituiva la principale fonte di sostentamento del popolo diafano.
É la storia del capitano, di sua moglie e del cugino sordo di qfwfq, io narrante che ci accompagna durante tutta la storia, raccontandoci del suo amore per la moglie del capitano, dell’amore di lei per il cugino sordo e della totalizzante attrazione di questi per la luna. Perché essa, nel passare vicino al mare e alle terre emerse, non attira sulla sua superficie soltanto piccoli animaletti, erbe, radici, che fermandosi sotto le sue scaglie e fermentando danno origine al latte lunare di cui questo popolo si nutre – ma anche gli esseri umani più sensibili, come il sordo.
Proprio come un’amante è il satellite per questa creatura gentile: quando raggiunge il suolo atteso, egli viene a conoscenza di se stesso, in un modo in cui sulla terra non si era mai saputo. Ed è per conoscerlo come lo conosce la luna che la moglie del capitano lo segue in questo viaggio, dove incontra lui e se stessa, perchépur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così.
Ha quindi due facce la luna: quella della nutrice e quella della donna, diventando per questo antagonista della donna terrestre nel contendersi l’attenzione dell’uomo.
Per identificarsi con lei, per identificarsi con la luna e quindi trovarsi a far parte dell’oggetto del desiderio dell’uomo che ama che la donna azzarda allora il tentativo estremo: quello di salire e di non scendere mai più, nemmeno quando le maree fanno allontanare il satellite per sempre.
É per questo, secondo italo calvino, che la luna ha un’anima: perchéla donna gliel’ha conferita, popolandola di se stessa, è lei che “rende luna la luna e che ogni plenilunio spinge i cani tutta la notte ad ululare…”