09/11/2015 Teatro

lunedì 9 novembre matinée | teatro teatro ragazzi
Compagnia Carullo-Minasi
DE REVOLUTIONIBUS
sulla miseria del genere umano
testi originali di Giacomo Leopardi
dalle due Operette Morali “Il Copernico” e “Galantuomo e Mondo”
diretto interpretato da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
disegno luci Roberto Bonaventura
scene e costumi Cinzia Muscolino
scenotecnica Pierino Botto
assistente regia Veronica Zito
produzione Carullo-Minasi e Federgat
si ringrazia Giovanna La Maestra, Angelo Tripodo, Simone Carullo
Spettacolo Vincitore Teatri del Sacro 2015

In scena, in una partitura raffinata di gesti e parole, i personaggi di due Operette Morali di Leopardi, amare e ironiche riflessioni sulla natura dell’uomo.


 

“Rivoluzione e miseria sono parole che riempiamo d’una natura ambigua e paradossale, nell’unica certezza di volerci aggrappare al teatro, fatto di piccole e povere cose, ma capace di grandissime riflessioni sul potere dell’uomo di ribellarsi e dunque ritrovarsi. Passeggiando con il Maestro della più amara e saggia ironia, ci disperdiamo giocando con scenari che danno largo all’immaginazione, sperando di far scivolare il pubblico nella finestra di questo “oltre” che ancora in vita ci rimane e che può, con i suoi scherzi, renderci partecipi rivoluzionari del Sentimento del Sublime.”
Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi

Il Copernico -operetta infelice e per questo morale-
Con la sua “Operetta”, nelle insolite vesti di Drammaturgo-Demiurgo, Leopardi ricostruisce l’Ordine dell’Universo, ben drammatizzando intorno allo sbriciolamento dell’orgoglio umano, ormai da ritenersi infondato dinnanzi a Sua Eccellenza Sole, stufa di girare intorno “ad un granellino di sabbia” per far luce a “quattro animaluzzi”. Il genere umano, così, scacciato dal centro dell’universo e spostato con la sua piccola sfera alla periferia del sistema solare assiste, cosciente, alla propria “Apocalisse”. A voce d’un inerme Copernico, si profetizzano e stigmatizzano le miserie d’un re spodestato: l’uomo. Operetta infelice e, per questo, morale intorno alla possibile rivoluzione del nuovo mirare dell’uomo nella profondità della propria miseria. Così dalla minuscola e misera Terra si precipita verso il baratro delle non conosciute Luminose Meraviglie, nell’infinito buio dipinto di stelle, nella profondità e nell’abisso di ciò che rimane una speranza, l’esser parte di un’ Infinita Meraviglia: il Creato.
“Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto che il potere l’uomo comprendere e fortemente sentire la sua piccolezza” Zibaldone.

Galantuomo e Mondo -operetta immorale e per questo felice-
Con la moderna e sfrenata “civilizzazione”, cioè con il sopravvento del raziocinio sul sentimento e della tecnica sullo spirito, il Mondo è divenuto nemico d’ogni virtù. Nel dialogo leopardiano il “Mondo” spiega all’ingenuo Galantuomo, il quale ha sempre coltivato la virtù e frequentato la bottega della Natura e della Poesia, come ci si deve comportare se si vuole servirlo con successo. In tempi di progresso, lì dove il Mondo “non può far altro che camminare a ritroso”, l’ Uomo deve appigliarsi a “tutto il contrario di ciò che gli parrebbe naturale, compiendo ogni rovescio” e divenendo così “penitente di ogni virtù”. Il Mondo, travestito da Signorina Civiltà tutta vizi e capricci, divorato ogni fondale di immaginazione in cui potere sperare di precipitare, definisce gli estremi d’ un freddo quadro di miseria, dove “tutti gli uomini sono come tante uova”, dove è proibito ogni segno di vera vita. Qui la rivoluzione procede al contrario e diventa involuzione, in quanto il ridimensionamento dell’uomo porta seco una conseguenza negativa, da qui la menzogna utilitaristica. In uno scherzo d’impazienza e rassegnazione, Leopardi “conscio che gli uomini non si contenteranno di tenersi per quello che sono, andando sempre raziocinando a rovescio” presenta la loro Operetta immorale e, per questo, miseramente “felice”.
“E gli uomini vollero le tenebre piuttosto che la luce” Giov. 3, 19 ad introduzione della Ginestra.

Compagnia Carullo-Minasi
Con lo spettacolo “Due passi sono” scritto, diretto e interpretato da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi la coppia sancisce il proprio ufficiale connubio teatrale e vince Premio Scenario per Ustica 2011, Premio In Box 2012 e il Premio Internazionale Teresa Pomodoro 2013, oltre ad essere finalista al Premio Museo Cervi – Resistenze- 2012 e al Premio Le Voci dell’Anima 2013. Con l’ultimo spettacolo “T/Empio, critica della ragion giusta” -libera reinterpretazione dell’Eutifrone di Platone- dagli stessi scritto, diretto ed interpretato, la compagnia si aggiudica la vittoria ai Teatri del Sacro 2013 oltre ad essere finalista al Bando Ne(x)twork 2013 (Teatro dell’Orologio e Kilowatt Festival). Con il monologo “Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte” di e con Cristiana Minasi in coregia con Domenico Cucinotta, la compagnia vince il Premio di Produzione E45 Napoli Fringe Festival 2013. Lo spettacolo, in una prima forma di studio, era già stato finalista al Premio Dodici Donne 2010 (Atcl) oltre ad essere performance selezionata dal Gai per Gemine Muse 2009. L’opera si ispira a “La situazione dell’artista” di Kantor, a “L’arte del Teatro” di G. Craig e allo “Ione” di Platone. I tre spettacoli chiudono la Trilogia dedicata al tema del Limite, cifra stilistica della Compagnia, inteso quale risorsa drammaturgico creativa per la definizione di qualsivoglia atto d’arte, nella sua natura prima d’atto politico-democratico. Le tre opere, ciascuna in maniera diversa, partendo dall’analisi dei dialoghi di Platone -in particolare del Simposio, dell’Eutifrone e dello Ione- affrontano i temi dell’Amore, della Giustizia e dell’Arte. Il dato comune è la continua insinuazione del dubbio, la costante messa in discussione delle certezze, il continuo oscillare tra amare verità e frizzante ironia. L’intera Trilogia sul Limite definisce un progetto, la cui realizzazione è stata presentata in anteprima per il Cartellone del Teatro Stabile di Messina, volto alla fruizione dei tre spettacoli in tre luoghi diversi: Teatro/Tribunale/Manicomio. Un progetto di Teatro itinerante che giunge nei luoghi della socialità, come fosse un abbraccio culturale dello spazio cittadino: una de-costruzione del concetto di teatro nella logica di una ri contestualizzazione dell’arte nel mondo. L’ultima produzione “De revolutionibus -sulla miseria del genere umano”, con testi originali di Giacomo Leopardi (nello specifico le due Operette Morali: “Il Copernico” e “Galantuomo e Mondo”) vince i Teatri del Sacro 2015 e debutta in prima nazionale all’interno del Festival di Lucca (13 e 14 giugno 2015). La Compagnia -proseguendo il proprio percorso di stampo filosofico, raro nel teatro italiano- con levità ed estrema ironia, gioca a raccontare del genere umano girovagando intorno ai temi della propria miseria. I due attori, come due vecchi comici col carro di Tespi, in un immaginario che unisce il circo di Fellini ai fondali fantastici di Meliés, passeggiando con il Maestro della più amara e saggia ironia, approfondiscono la propria ricerca del “teatro nel teatro”

Cristiana Minasi
Allieva de “L’isola della Pedagogia” 2010/2012, scuola internazionale di Alta pedagogia della scena per la formazione dei nuovi pedagoghi, progetto diretto da Anatolij Vasiliev e vincitore Premio Speciale Ubu 2012. Collabora, quale pedagoga, con le Accademie Nazionali di Teatro per la conduzione del laboratorio “L’attore e l’oggetto: prove semiserie d’attore/autore”. Lavora e si forma con Domenico Cucinotta, Alessio Bergamo, Emma Dante; Norberto Presta, Sabine Uitz; Cristina Castrillo; Raquel Scotti Hirson e Jesser De Souza (Lume Teatro, Brasil); Tino Caspanello; Andrè Casaca; Paco Gonzales (Floez -Germania); Ian Algie; Andrea Kaemmerle; e gli Oucloupò della scuola del clown clandestino di Pierre Byland di Lugano. Avvocato abilitato, laureata in Giurisprudenza con lode, pubblica la propria tesi in Teoria Generale del diritto dal titolo “Il Soggetto alla Ribalta” ove sperimentalmente relaziona i temi dell’interpretazione giuridica e dell’improvvisazione teatrale. Specializzata in Criminologia e Psicologia Giuridica nello specifico settore dei minori e della famiglia, pone le basi per una relazione ed integrazione dei temi della libertà e dignità attraverso lo strumento del teatro con il progetto “LegORIZZONTI”.

Giuseppe Carullo
Frequenta dal 2000 la Scuola di Teatro Teatès diretta da Michele Perriera, tra i fondatori del “Gruppo 63”. E’ tra gli interpreti di: “Ha riconosciuto il pettine” di Gianfranco Perriera. Segue, dal 2003, la scuola del teatro Vittorio Emanuele (Messina) diretta da Donato Castellaneta, attore della compagnia di Leo De Berardinis. Nel 2004 collabora con la Compagnia Il Castello di Sancio Panza diretta da Roberto Bonaventura e Monia Alfieri, partecipando a molteplici spettacoli tra cui: Le mosche; Colapesce; Metamorphoseon XI, Metamorfosi 74, Microzoi, L’altro Regno. E’ nello spettacolo “L’albero” della compagnia del Teatro dei Naviganti. Fondamentali gli incontri con Anton Milenin ed Emma Dante. Insieme a Cristiana Minasi dal 2009 è in “Euphorìa” di Adele Tirante –spettacolo segnalato ai Teatri del Sacro 2009 Lucca (Eti e Federgat)- e in “Fragile” scritto e diretto da Tino Caspanello.

https://www.youtube.com/watch?v=bp2iZ6wzcMw
www.carullominasi.wordpress.com

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