08/04/2022 - 09/04/2022 Teatro

venerdì 8 e sabato 9 aprile ore 21 | teatro
Pierfrancesco Pisani | Isabella Borettini per
Infinito Srl | Estate Teatrale Veronese | Argot Produzioni
L’AMORE SEGRETO DI OFELIA
di Steven Berkoff
drammaturgia Chiara Lagani
regia e video Luigi de Angelis
con Chiara Francini e Andrea Argentieri
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scenografia Katia Titolo, costumi Francesca Di Giuliano, supporto tecnico Dario Costa, macchinista Raffaele Basile,
fonico Gianluca Meda, make-up Rossano De Cesaris, hair Pietro Giorgi Per Minette, organizzazione Morena Lenti, amministrazione Riccardo Rossi
Chiara Francini è vestita da Paolo Isoni
un ringraziamento particolare a Annalisa Passigli, Lisa Corti Roma
in coproduzione con Estate Teatrale Veronese
in collaborazione con Argot Produzioni
durata 65’

Due attori provano a distanza il testo di Berkoff: lei è Ofelia e si immaginava il suo Amleto in modo molto diverso da quello a cui la realtà l’ha messa a confronto…


Due attori provano a distanza il testo di Berkoff: lei è Ofelia e si immaginava il suo Amleto in modo molto diverso da quello a cui la realtà l’ha messa a confronto. Dopo un iniziale disappunto, però, la fascinazione per il testo, con le sue spiraliformi e sensuali circonvoluzioni retoriche, prende il sopravvento e la costringerà (drammaticamente) a rivedere le sue posizioni iniziali. È così che sulla scena noi vediamo infine proprio quello spettacolo, provato conflittualmente a distanza, e che alla fine ha preso forma.

L’amore segreto di Ofelia di Steven Berkoff ha la forma di uno scambio epistolare: si tratta delle ben note lettere che Ofelia, in un punto molto famoso della tragedia shakespeariana, restituisce ad Amleto e il cui contenuto il Bardo ci tiene genialmente (e opportunamente) nascosto. Nel voler esporlo a tutti costi, rivelando l’indicibile, si misura qui una sorta di strappo, di rottura del senso del pudore, talora quasi comica, che ci mette a contatto con la parte oscena, in senso etimologico (cioè “fuori dalla scena”) e, appunto, segreta, di quell’amore così celebre. La sproporzione tra contenuti pulsionali e spirito adolescenziale da una parte e il linguaggio arcaico dei versi dall’altra, e in parallelo quella tra gli attori e il testo che devono andare a interpretare, imprimono a poco una strana accelerazione all’immobilità della scena, che viene enfatizzata dal procedere inevitabile e fuori campo della tragedia, dalla quale sono stati prelevati i due sfortunati protagonisti. Il loro destino drammatico si compie fatalmente in un altrove misterioso e sconosciuto, di cui però il pubblico conosce già tutti i dettagli: le morti, la follia, il tragico finale.

Nell’inevitabile incedere del dramma, però, si incastrano qui questioni nodali anche per la nostra epoca: la distanza tra passione e azione, il rapporto conflittuale con un ruolo obbligato a cui dobbiamo o vogliamo per forza aderire, il sentimento di un tempo implacabile che tutto trascina, la sovrapposizione tra finzione e realtà, sogni e desideri.